Il Centro R.A.T. Teatro
dell’Acquario col progetto "Tommaso Campanella. Utopia,
terra e magia" si prefigge l’obiettivo duplice di ripercorrere
la strada smarrita che riporta fino alle radici di un mondo
straordinariamente ricco di stratificazione di grande valore
culturale e artistico e di riaffermare la sua ormai storica
vocazione di luogo culturale privilegiato di una ricerca
sempre senza confini, paraocchi, condizionamenti, mode. Un
impegno certamente non facile e sicuramente poco consueto in
una terra condannata da sempre all' autorinnegamento. Una
doppia sfida perciò che spera di diventare una sollecitazione
forte capace di riaprire “discorsi” solo apparentemente
sconfitti e, frettolosamente, archiviati. Siamo convinti che
l’obiettivo preminente per il teatro è lo sconfinamento dei
territori e l'intreccio tra i diversi linguaggi. Ed ecco
perché uno spettacolo “IL VELO E LA SFIDA. Tommaso Campanella
e l’arte della dissimulazione onesta” progetto teatrale
diretto da Massimo Costabile, è diventato un laboratorio
interdisciplinare in cui si sono fuse insieme cifre
stilistiche ed espressive formalmente diverse, ma collegate
dalla irresistibile forza d'attrazione del messaggio di cui
sono portatori "Utopia, Sogno e Magia". E sta qui il senso
della scelta che ha indotto regista, scrittore, musicisti,
artisti visivi a convergere tutti insieme sull'obiettivo
comune che, con voci e manifestazioni diverse, punta alla
ricostruzione di un'identità a rischio.
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Tommaso
Campanella Utopia, Terra e Magia
La ribalta sulla quale si
proietta la figura di Tommaso Campanella è radicalmente mutato negli
ultimi anni. Così in luogo di discutere se di scoperta o riscoperta
del Frate calabrese si tratti, per l'attenzione a lui riservata, in
questa occasione, complice la meditazione che su questa medesima
figura praticano ricercatori d'ambito contemporaneo, vorrei parlare
d'altro. Dunque non della Città del Sole come utopia liberista, non
dei conflitti tra Stato, Chiesa e obblighi dell'abito talare più o
meno disattesi dal Frate, non sul tramite di ambascerie sospese tra
più nazioni vorrei intrattenermi. Ripensando la figura del grande
calobrese, alle torture da lui subite, ai soprusi ed angherie
inflittegli, il moto che sento dentro me non somiglia alla
compassione, piuttosto s'apparenta alla rabbia. Non riesco a
guardare Campanella come una vittima, bensì come un ammonitore. Il
nostro Frate non era un eroe, quindi un martire, era piuttosto uno
sfortuna- to praticante quella ragion di stato che nei tempi di
gesuitismo si costituiva come insegna dell'intellettuale. Insomma i
patimenti che quest'uomo si trovò a subire li apparento ad una
condizione partico- lare piuttosto che ad un'immolazione per la
libertà. La stessa Città del Sole vanta, se non la cristianità dei
suoi assunti teorici, la santità dei suoi propositi. L'interrogativo
che si pone riguarda non tanto la radi- calità di questi assunti,
quanto la sensibilità dei lettori suoi contem- poranei. Mi chiedo,
insomma, se la distanza dalle posizioni della Chiesa fosse
politicamente così pericolosa. Considerando le sue inno- vazioni,
come quelle di Galileo e di Bruno, mi sembra che la Chiesa sia stato
troppo reattiva, invece di ammorbidire i contrasti come ragion di
stato prescriverebbe. Non si comprende bene, insomma, cosa urtasse
la Chiesa nei suoi testi, visto anche la sua accettazione dei voti e
l'evidente irrealizzabilità delle sue proposte. Forse ora la
risposta può essere data: ciò che urtava era la sua posizione, per
la prima volta moderna per equalitario distacco dal popolo e dal
potere. Campanella si trova ad essere rappresentante di un'entità
senza voce. Fondamentalmente egli parla solo per se stesso, in
questo modo manca di seguito. Comincia una condizione di isolamento
dalla committenza e dal lettore, che da questo momento sorà la cifra
comune di qualsiasi ricerca culturale. Comincia in questi stessi
anni anche il distacco tra Nord e Sud che determinerei la nascita
della questione meridionale, vero e proprio scandalo per la
distribuzione dei sapere. Ben avvertiva Campanella tutti questi
moti, di conseguenza le contraddizioni, in sè e con la realtà di La
Citto del Sole, volevano incitare tanto la realizzazione di
strutture sociali quanto porsi come esercizio di filosofica
immaginazione. Ovviamente Campanella vedrà disatteso qualsiasi
tentativo di riforma, e proprio da quei potentati presso il quale
indirizzav la sua fiducia. Inizia così la posizione di ironica
doppiezza dell'intellettuale, che gli faceva scrivere: "la morte è
dolce a chi la vita è amara/ muoia ridendo chi piangendo nasce', con
una pratica dell'ossimoro che da qui giungerà almeno fino
all'amertume baudelairiana, che medesimamente anelava ad una
comunicazione con Parigi, ingrata amante. Ben coglie tutte queste
tensioni il testo di Il velo e la sfida. In una monolitica cornice
che con semplicità racchiude l'opposizione di bene e male, ragione e
follia, si proietta la figura di Campanella e la sua scissione. In
un fitto rincorrersi di voci recuperate per la memoria di questo
Frate, dichiaratosi folle per poter eseguire il suo programma, si
intesse una vicenda che solo nella coralità del popolo vede il
congiungimento delle parti agenti. La rimemorazione della vicenda di
Abelardo ed Eloisa dà il segno della trasgressività di tutta la
vicenda esistenziale dei grande Calaibrese. Il teatro mette in scena
una macchina inquisitiva che, dal triste destino del protagonista,
si erge a metafora del percorso di ogni ricercatore scomodo per
troppa onestà. Il progetto della mostra Libero e Obliquo già dal
titolo pone l'accento su due categorie che, esemplate magnificamente
da Tommaso Campanella, contraddistinguono tutta la modernità. Il
rifiuto di ogni compromesso a favore della ricerca e la
trasversalità di un sapere che abbracciava discipline eterogenee,
sono caratteristiche comuni anche all'arte contemporanea. A rendere
ancora più attuale la figura del grande calabrese contribuiscono una
curiosità intellettuale mai doma e un rapporto fortemente critico
col sapere costituito. Questa mostra porta un contributo notevole ai
grandi temi dell'instabilità e dell'atteggiamento malinconico tipico
di tutte le figure di confine. La congiuntura in cui versava la
musica nel tempo di Campanella è paradossalmente simile all'attuale.
L'ispiratore di questa operazione condivide la data di nascita con
Monteverdi che, come lui, patisce il dissidio tra cultura 'alta' e
popolare, tra contemporaneità e ricordi ancora vivi del Gregoriano.
Ben riflette l'ibridità la musica di questo concerto, composto con
uno spirito che sente il mediterraneo ancora unito. Nel nostro caso
l'unione è soprattutto di Europa ed Arabia, con l'ossessione di
corde allucinate da un sole testardo come la passione. La carne
diventa quella di tutti, di personaggi che perdono la propria storia
dietro la passione. La musica 'colta', che nasce in questo periodo,
tenta un travestimento del dramma che da questa musica è rifiutato:
testi implacabili declinano autobiografie che nel novecento sono
composte da pura autenticità.
(Paolo Aita)
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. PROGRAMMA
Centro
R.A.T. Teatro dell'Acquario Il
velo e la sfida Tommaso Campanella e l'arte della
dissimulazione onesta
di Enzo
Costabile
regia Massimo
Costabile ---
Collettivo Musicale Dedalus La
voce del sole
Enzo Costabile testi
Mario Artese voce chitarra
battente
Sergio Artese Contrabbasso
Lutte Berg Chitarre
Paola
Dattis Voce
Checco Pallone Chitarra
classica percussioni
Giuseppe Pallone
Mandola mandolino
Fabio Pepe Flauto
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Laboratorio di Poesia e Arti
Visive Libero
e obliquo
Mostra a cura di Paolo
Aita Matteo Accarino Salvatore Anelli Cesare Berlingeri
Dario Carmentano Franco Flaccavento Serafino Maierano
Giuseppe Miriello Antonio Pujia Veneziano Giulio Telarico
Vincenzo
Trapasso .
![[logo 1974]](Stagione Teatrale 98-99 - Teatro Acquario - Cosenza_file/logo74.gif)
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